Un divario inaccettabile
Nel panorama economico italiano, le piccole e medie imprese si trovano a fronteggiare una realtà allarmante: i costi dell’energia elettrica. Nel primo semestre del 2024, le microimprese hanno sostenuto spese per l’energia elettrica che superano di oltre il 164% quelle delle grandi aziende. Mentre le piccole attività, come artigiani e commercianti, pagano circa 348,3 euro al MWh, le grandi imprese, con consumi significativamente più alti, si fermano a 131,6 euro al MWh. Questo divario non è solo un problema nazionale, ma si estende anche a livello europeo, dove le piccole aziende continuano a subire svantaggi competitivi.
Un confronto europeo
Analizzando la situazione in altri Paesi europei, emerge che l’Italia ha il costo dell’energia elettrica più alto per le microimprese. In Germania, il divario è del 136,2%, in Spagna sfiora il 200% e in Francia raggiunge addirittura il 242%. Questo scenario mette in evidenza come le piccole imprese italiane siano penalizzate, nonostante rappresentino il 95% delle attività economiche del Paese e impieghino circa il 42% della forza lavoro. La situazione è ulteriormente aggravata dalla riforma degli energivori del 2018, che ha introdotto tariffe agevolate per le grandi industrie, aumentando il peso delle tasse e degli oneri sulle bollette delle piccole imprese.
Le conseguenze per le microimprese
Le microimprese italiane non solo affrontano costi energetici più elevati, ma anche una struttura tariffaria che penalizza ulteriormente la loro competitività. Le tasse e gli oneri incidono per il 18,4% sul prezzo al MWh, un valore nettamente superiore rispetto ad altri Paesi europei. In Germania, ad esempio, questa incidenza è del 14,7%, mentre in Spagna e Francia è rispettivamente dell’8,5% e del 3,5%. Questa situazione crea un circolo vizioso, dove le piccole imprese, già in difficoltà, si trovano a dover affrontare costi insostenibili, rischiando di compromettere la loro stessa esistenza.