Riforma dei medici di base: cosa cambia per pazienti e professionisti

Analisi della proposta di riforma del Ministero della Salute e le sue implicazioni

La riforma dei medici di base in Italia

Negli ultimi mesi, il Ministero della Salute ha proposto una riforma significativa che potrebbe cambiare radicalmente il panorama della medicina di base in Italia. Questa iniziativa prevede la trasformazione dei medici di base da liberi professionisti a dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn). L’obiettivo principale è quello di concentrare le attività mediche nelle nuove “Case di Comunità”, strutture che dovrebbero essere operative entro il 2026 grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).

Cosa significa per i pazienti e i medici?

Per i pazienti, questa riforma potrebbe portare a un accesso più facile e tempestivo ai servizi sanitari. Le Case di Comunità sono progettate per fornire assistenza sanitaria di base in modo integrato e continuativo. Tuttavia, i medici di famiglia che già operano in libera professione avranno la possibilità di mantenere il loro studio, ma dovranno comunque prestare servizio presso queste nuove strutture per un numero minimo di ore settimanali. Questo potrebbe generare confusione e preoccupazione tra i pazienti, che potrebbero temere un cambiamento nella qualità dell’assistenza ricevuta.

Le sfide delle Case di Comunità

Il governo ha annunciato l’intenzione di aprire 1.400 Case di Comunità entro il 2026, ma ci sono molte sfide da affrontare. Secondo l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), a metà del 2024, solo una piccola percentuale di queste strutture era attiva. Molte di esse operano con personale ridotto o addirittura mancante, il che solleva interrogativi sulla loro effettiva funzionalità. Se non adeguatamente supportate, queste Case di Comunità rischiano di diventare “cattedrali nel deserto”, incapaci di fornire i servizi necessari alla popolazione.

Le reazioni dei medici e delle associazioni

La proposta di riforma ha suscitato forti proteste tra i medici di famiglia. La principale preoccupazione riguarda la perdita dell’autonomia professionale, un aspetto fondamentale per la figura del medico di base in Italia. Filippo Anelli, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), ha espresso il timore che trasformare i medici di famiglia in dipendenti possa compromettere il rapporto di fiducia costruito nel tempo con i pazienti. Questo cambiamento potrebbe influenzare negativamente la qualità dell’assistenza e la personalizzazione del servizio, elementi essenziali per una buona pratica medica.

Scritto da Redazione

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